Il SILENZIO ATTIVO: una tecnica efficace con i figli adolescenti.
Pubblicato in data 27-04-2023

Il silenzio attivo è una strategia comunicativa attraverso la quale si sceglie volontariamente di non parlare, per ottenere qualcosa da qualcuno. Non ha carattere punitivo e non è una reazione emotiva. Infatti, non significa dire ai figli 'Non ti parlo più', ma si tratta di un’asserzione che i genitori condividono creando un distanziamento che permetta ai ragazzi di vedere cosa stanno realmente facendo.
In letteratura si trova molto materiale circa l’utilità della sospensione drastica di comunicazione nel momento in cui i figli adolescenti hanno comportamenti aggressivi che violano il rispetto che occorre sia connaturato alla relazione coi genitori. Il silenzio attivo è una soluzione che possiamo adottare di fronte alla trasgressione di regole, perché segnala l'oltrepassare del confine del limite educativo su cui i genitori hanno titolarità.
Inoltre, l’arduo compito dei genitori è sicuramente quello di arginare soprattutto gli atteggiamenti più indisponenti e maleducati, senza contare ovviamente quelli pericolosi assolutamente da scongiurare.
Un figlio ribelle non è facile da gestire, soprattutto quando entrambi i genitori lavorano tutto il giorno e sono presenti anche altri figli. Spesso infatti, il figlio adolescente fa paragoni con i fratelli e sorelle più grandi o più piccoli, innescando vere e proprie bombe ad orologeria.
Stando alle indicazioni degli psicoterapeuti, molto spesso decidere volontariamente di stare in silenzio, aiuta a risolvere situazioni tese.
L’adolescente non ha ancora la capacità di litigare in maniera costruttiva e mantenendo il rispetto nei confronti dell’altro. Spesso dunque alimentare una litigata significa portarlo inevitabilmente a usare parole sempre più pesanti e offensive, nel solo intento di prevaricare.
Il genitore (che dovrebbe essere l’adulto della situazione) deve mantenere il controllo, non cedere alle provocazioni, ma neppure soccombere. Resta fermo il divieto imposto, il rimprovero o la punizione e non si litiga più.
Si smette di parlare e ci si reca in un’altra stanza (se ad esempio è quella del ragazzo) oppure si invita il proprio figlio a recarsi in camera sua.
Questa tecnica ha come obiettivo quello di dare spazio al ragazzo, per permettergli di rientrare in sé, magari pensando a ciò che effettivamente ha detto o fatto.
Non bisogna fare annunci di tipo plateale, per dichiarare di non voler parlare più con lui. Semplicemente si sta in stanze diverse per un po’ e, se ci si incontra, allora si evita di rivolgergli la parola.
Infatti, è evidente che questa tecnica, affinché funzioni, duri pochi minuti per bambini piccoli, e qualche ora per adolescenti. Di solito fa molta presa sui figli di 11-15 anni, che ancora sono combattuti dalla dipendenza che sentono di avere con i genitori.
Man mano che il figlio si avvicina alla maggiore età invece, questo metodo potrebbe diminuire la sua efficacia. Ma se si adotta già a partire dalla pre-adolescenza, allora si può sperare che sortisca buoni risultati anche in seguito.
La scuola di Palo Alto e i vari studi sulla comunicazione, ormai da tempo sottolineano che il silenzio è anch’esso una forma di comunicazione. Indica apertura o chiusura e va usato nelle giuste dosi.
Ebbene sì, il silenzio infatti ha anche delle controindicazioni.
Ricorrere a questa sorta di arma a sproposito infatti può condurre a delle spaccature profonde nel rapporto.
Non va utilizzato ad esempio per ogni piccolezza né tantomeno come conseguenza di qualcosa di cui si è venuto a conoscenza, ma di cui il ragazzo non è al corrente.
Solo se il figlio arriva agli insulti nel corso di una discussione oppure non mostra alcun pentimento o rimorso, dopo un evento grave che invece lui stesso ha provocato, allora è il caso di ricorrere a questa tecnica per prendere le distanze da lui e dal suo comportamento.
A tal proposito, infine, è bene sottolineare che, se serve una punizione, questa non dovrebbe mai essere “restrittiva” semplicemente perché non funziona. Ad esempio, privarlo del cellulare oppure non mandarlo all’allenamento sportivo non sortisce effetti se non quello di aumentare la sua rabbia e insofferenza.
Meglio invece ricorrere a punizioni “aggiuntive”, con lo scopo di responsabilizzarlo, ad esempio imponendo di occuparsi della pulizia dei piatti, della cura quotidiana dell’animale domestico, di gettare la spazzatura quotidianamente e similari.
Il silenzio attivo deve rappresentare qualcosa che viene vissuto come grave, non come una routine comunicativa. Il ragazzo deve, in quell'occasione, riflettere e stabilire un contatto con quello che è successo. Deve suscitare una sorpresa nei figli che non si aspettano tale reazione dei genitori.
Il silenzio favorisce l'osservazione, la percezione del mondo circostante, la sensibilità al suono e l'ascolto di sé stessi. È importante allora permettere al figlio di vivere anche questa dimensione, preservando sempre nei suoi confronti una relazione di accoglienza e supporto.
Detto ciò è importante non reagire agli atteggiamenti che possono seguire da parte del figlio. Il genitore non deve manifestare rabbia.
Lo scopo del silenzio attivo è quello di abbassare la tensione emotiva ed evitare che la rabbia dilaghi.