Cambiare il linguaggio per cambiare la mente e favorire qualsiasi apprendimento

Voglio che tu vada in una trance così profonda che ti sembri di essere una mente senza corpo, che ti sembri che la tua mente galleggi nello spazio e che galleggi nel tempo. E voglio che tu scelga un momento nel passato in cui eri una bambina piccola piccola. E la mia voce ti accompagnerà.
(Milton H. Erickson)

Scheda Articolo

Cambiare il linguaggio per cambiare la mente e favorire qualsiasi apprendimento

Pubblicato in data 03/02/2022

cambiare il linguaggio

ComunicaMente è un insieme di schemi tecniche e strategie che consentono di sfruttare in modo strategico il linguaggio per cambiare la mente e favorire l’apprendimento.
Si ispira al lavoro di Milton H. Erickson, che ha aperto la strada alla psicoterapia ipnotica e ha sviluppato, tra gli atri strumenti, strategie terapeutiche basate sull’idea che cambiare il linguaggio consente di cambiare la mente.
Erickson ha messo in evidenza che il modello linguistico che usiamo lo acquisiamo acriticamente, in una ripetizione senza analisi, nell’ambiente dove viviamo.
La comunicazione, sia rivolta agli altri che a noi stessi, usa un linguaggio che assume la forma di una mappa. Questa influenza l’immaginazione, i pensieri e le emozioni. Quindi, la mappa del linguaggio filtra la nostra realtà. Cambiare il linguaggio per cambiare la mente passa, tra le altre cose, attraverso la capacità di riconoscere questo schema e cambiarlo.
È mediante questa mappa che si esprimono elementi come l’ambiente, le convinzioni, l’identità, i valori e i comportamenti, nostri e altrui. Inoltre, ricordiamoci che la comunicazione è uno scambio di informazioni e di influenzamento tra due e più persone in un determinato contesto, per cui attraverso di essa abbiamo l’enorme potere di influenzare noi stessi e chi ci sta davanti. Tuttavia, generalmente siamo consapevoli di ciò che diciamo, ma non di come lo stiamo dicendo.
Diventare consapevoli dei termini e del modo in cui ne facciamo uso, tuttavia, fa assumere una prospettiva diversa alle relazioni che intrecciamo con gli altri e con noi stessi.
Esiste un tipo di linguaggio, interiore o esterno, che toglie potere. In realtà ne esiste più di uno. Un esempio è la frase “l’insegnante mi fa agitare”. Questa espressione non solo riduce il nostro potere, ma lo mette nelle mani di un’altra persona.
Per cambiare i nostri schemi linguistici, il primo passo è sapere come li stiamo applicando. Lo stesso concetto, detto invertendo le parole, “Sono agitata quando sono con il mio insegnante”, sembra apparentemente lo stesso, ma in realtà cambia tutto. Infatti, in quest’ultimo caso io stesso ho il potere di cambiare un fatto sgradevole o addirittura deleterio.
Il linguaggio ipnotico usato da Milton Erickson a cui si ispira ComunicaMente è uno degli strumenti con cui possiamo assumere consapevolezza e cambiare i nostri modelli linguistici. L’obiettivo è migliorare la percezione e l’atteggiamento nei confronti di aspetti specifici della vita e in senso più specifico dell’educazione e dell’apprendimento.
Essere coscienti di come questi schemi influenzino le emozioni positive e negative, secondo il paradigma ideato da Erickson, è il primo passo verso il cambiamento.
Un docente, così come un oratore capace di catalizzare l'attenzione del suo pubblico prima ancora di aprire bocca, come un incantatore di serpenti, o come una persona che riesce ad affacciarsi sull'orlo di un precipizio nonostante soffra la paura delle altezze, deve essere in grado di cambiare la percezione della realtà dei suoi allievi, orientandone l'esperienza, le emozioni e quindi i comportamenti e gli apprendimenti. Paul Watzlawick definì «ipnosi senza trance» questo modo di comunicare attraverso linguaggio verbale e linguaggio del corpo, in grado di attivare nel soggetto che ne viene investito uno stato di potente suggestione; se lo si applica al mondo della psicoterapia, si parla di «ipnoterapia senza trance», se lo si applica nel mondo dell’educazione e dell’apprendimento si chiama ComunicaMente.
Tra gli elementi caratterizzanti di questo approccio nell’ articolo citiamo:
• La nominalizzazione: cioè quei termini che nella frase occupano il posto di un nome, ma non sono tangibili, perché riguardano qualcosa che non si può toccare, sentire, udire. Il criterio di identificazione di una nominalizzazione è: "Puoi metterlo in una carriola?" Ogni volta che si utilizza una nominalizzazione viene cancellata una grande quantità di informazione. Se dico: "Antonella possiede molte conoscenze" ho cancellato che cosa sa esattamente e come lo sa. L’uso di nominalizzazioni obbliga il cliente e/o allievo a recuperare le parti cancellate attivando, dal suo modello del mondo, il significato che servirà meglio i suoi propositi e i suoi bisogni. Le induzioni di Milton sono piene di nominalizzazioni:
“So che nella vita Lei prova certe difficoltà che vorrebbe poter portare a soddisfacente risoluzione ...e non so con esattezza quali tra le sue personali risorse Lei trovi più utile per risolvere questa difficoltà, ma quello che so è che la sua mente inconscia sa meglio di Lei ricercare nella sua esperienza quella precisa risorsa...Notate che queste parole utilizzate nella vita di ogni giorno hanno una capacità di induzione naturale, parole come una certa sensazione, speranze, sogni, capacità, ricordi, avventuroso...Sono parole che convogliano ben più significati di quanti qualunque parlante potrebbe mai sperare di trasmettere. L’ipnotista genera la ricerca interna fissando l’attenzione del soggetto. Questo avviene quando il terapeuta implica che questi termini carichi di tanti significati in realtà ne trasmettano uno ben preciso: "E tu sai già di quale piacevole sensazione io stia parlando". La ricerca interna è appunto un tentativo di eliminare il gran numero di significati opzionali e di trovare quello particolare che è stato implicato.
• Uso del “No”. L’espressione della negazione non esiste in quanto tale nelle immagini mentali, nei suoni o nelle sensazioni. La negazione esiste solo nel linguaggio parlato, scritto o nelle rappresentazioni simboliche e mai nelle immagini mentali. L’esempio più noto è il comando “non pensare a un elefante blu”. La mente non percepisce il “no”, ma “vede” solo un elefante blu.
• Sottolineatura analogica. Strumento di persuasione creato da Erickson e basato sull’idea che solo una parte della nostra comunicazione avviene a livello cosciente. La sottolineatura per analogia si applica enfatizzando la parola che si desidera fissare nel subconscio di chi ascolta. Si ottiene, ad esempio, facendo seguire una pausa o un gesto alla parola in questione oppure cambiando il tono di voce.

di Antonella De Luca